Mercurio, tracce negli abissi dell’oceano

10.992 metri sotto il livello del mare, ecco dove è arrivato l’inquinamento dell’uomo.

Il punto più profondo dell’oceano, registrato fino ad oggi, misura tale lunghezza ed è situato tra il Giappone, Filippine e Nuova Guinea con il nome di “Fossa delle Marianne”.

L’università cinese di Tientsin e l’università del Michigan, attraverso due ricerche indipendenti presentate alla conferenza Goldschmidt geochemistry, hanno rilevato la presenza di metilmercurio (forma tossica del mercurio che si accumula facilmente nell’organismo degli animali marini), attraverso lo studio di pesci e crostacei, a profondità mai riscontrate prima. “È stata una sorpresa”, ammette sbalordito il ricercatore Ruoyu Sun.

Si pensava, infatti, che non fosse possibile trovarne a tali profondità. Fino ad oggi si supponeva che questa sostanza raggiungesse solo poche centinaia di metri marine e che non fosse possibile, quindi, un grande bioaccumulo. Il bioaccumulo è un processo attraverso il quale gli animali più piccoli si nutrono di una o più sostanze tossiche; a loro volta gli animali più grandi, nutrendosi degli animali più piccoli creerebbero una catena alimentare tossica, fino ad arrivare sulle nostre tavole. Il materiale di cui stiamo parlando è altamente tossico e ha appena sconvolto uno degli ecosistemi più antichi e remoti del nostro pianeta. A Minamata (Giappone), negli anni ’50, il mercurio ha causato gravi danni neurologici e difetti alla crescita di un gran numero di bambini.

Il mercurio viene introdotto nell’ambiente attraverso una varietà di risorse naturali quali incendi boschivi o eruzioni vulcaniche, ma le attività antropiche, come la combustione o l’estrazione di carbone e petrolio, sono le cause principali della sua diffusione.

Non serve essere grandi studiosi per guardarsi intorno, l’importante è creare una consapevolezza personale prima ancora di una collettiva.

“Conoscere il tuo pianeta è un passo verso il proteggerlo”. (Jacques-Yves Cousteau)