Montanelli, fantoccio di una bimba alla statua di Porta Venezia

Indro Montanelli è stato uno tra i più popolari giornalisti del Novecento e iniziò la sua carriera con il ventennio fascista. Successivamente, per 40 anni, divenne l’uomo-simbolo del Corriere della Sera, soprattutto per la sua nomina ad inviato di guerra nel 1940. In seguito abbandonò il Corriere per divergenze politiche e fondò Il Giornale, portandolo avanti per 20 anni. In seguito, nel 1994, lo lasciò e fondò La voce, quotidiano che ebbe solo un anno di vita.

La sua figura risulta oggi ambigua per un episodio avvenuto durante la Guerra d’Etiopia (1935 -’36). Il Giovane Montanelli, all’ora ventiseienne, sposò una bambina eritrea di 12 anni secondo l’usanza del madamato. La comprò tramite uno “sciambasci” (autorità militare delle Truppe coloniali italiane, equivalente al grado di maresciallo del Regio Esercito), che la pagò al padre 350 Lire. Quest’ultimo incluse nel prezzo anche un cavallo e un fucile.

“Vista l’usanza degli ascari di combattere con la moglie al seguito, decisi anch’io di sposarmi. I miei uomini mi procurarono una giovane e bellissima eritrea […]. In questo modo, ogni due settimane mi ritrovavo, al pari dei miei uomini, con i panni puliti” (Indro Montanelli)

La giovane rimase al suo fianco per l’intera durata della permanenza in Africa. In seguito la ragazza venne data in sposa ad un militare eritreo che era stato agli ordini di Montanelli nella guerra coloniale. Nell’aprile del 1937, il madamato (usanza di avere una relazione temporanea tra un cittadino italiano e una donna nativa delle terre colonizzate, madama) fu abolito. Questo per evitare la diffusione di malattie veneree e il contatto tra italiani e africani. Tale legge si rafforzò con la promulgazione delle leggi razziali l’anno successivo.

“Nel ’52 chiesi e ottenni di poter tornare nell’Etiopia del Negus e la prima tappa, scendendo da Asmara verso il Sud, la feci a Saganeiti, patria di Destà (nome della giovane eritrea) e del mio vecchio compagnio d’armi, che mi accolsero come un padre. Avevano tre figli, di cui il primo si chiamava Indro. Donde la favola, di cui non sono mai più riuscito a liberarmi, che fosse figlio mio. Invece era nato ben 20 mesi dopo il mio rimpatrio”. (Indro Montanelli)

A causa di questo matrimonio Montanelli è stato fortemente criticato e ancora oggi viene accusato di violenza carnale e stupro di minore dall’opinione pubblica. In vita si è sempre difeso reputando il fatto come una consuetudine di quel paese, accettata e per niente scorretta. Nel 2000, attraverso il suo libro “Le stanze di Montanelli”, il giornalista illustra minuziosamente quel suo primo matrimonio. Nel 2001 muore, all’età di 92 anni, con una lunghissima carriera da giornalista e commentatore alle spalle.

Negli anni seguenti molti sono stati i dibattiti inerenti alla sua figura e molte le proteste contro i monumenti in suo onore. Tre giorni fa, a Porta Venezia (zona centrale di Milano), l’attivista e artista Cristina Donati Meye, eludendo la sorveglianza ha affisso alla statua di Montanelli il fantoccio di una bambina con un cartello esplicativo: “Il monumento a Indro Montanelli, così, è completo“; e ancora, su un foglio attaccato alla base ha aggiunto: “Non occorreva colorare la sua statua, bastava appoggiarci sopra la bambina eritrea di 12 anni, della quale lui, da soldato colonialista ne abusò”. Qualche settimana fa la statua è stata imbrattata da un collettivo studentesco.

Poco dopo l’accaduto l’attivista è stata raggiunta dalle forze dell’ordine, le quali l’hanno bloccata e allontanata.