Dall’Americano al Negroni, la storia di un cocktail

Per conoscere la storia del Negroni bisogna fare un passo indietro nel tempo di almeno cento anni.

Ci troviamo a Firenze intorno al 1919 e tutti i Caffè più influenti dell’epoca, quali Gilli, Doney e Casoni, preparano per i loro clienti uno dei cocktail più alla moda, l’Americano (a base di Vermouth, Bitter e Soda). Un giorno, il Conte Camillo Negroni, personaggio eclettico della nobiltà fiorentina, si reca come d’abitué al Caffè Casoni e chiede al suo bartender di fiducia di rafforzare il solito Americano con del gin, così da alzare la gradazione alcolica e non alterarne il colore caratteristico. Nasce così il Negroni.

La sua ricetta è rimasta invariata negli anni:

Martini Riserva Speciale Rubino – Vermouth di Torino, IGP

Martini Riserva Speciale Bitter

Gin Bombay Sapphire.

La storia del Negroni si intreccia con quella del Martini fin dalle sue origini. Infatti a quei tempi bere questo tipo di cocktail era in gran voga. Attraverso l’Archivio Storico Martini & Rossi è possibile risalire ai clienti fiorentini fin dagli ultimi decenni dell’Ottocento. Una fattura datata il 29 novembre del 1916, emessa dalla ditta Martini a Gaetano Casoni, riporta la cifra di 333 Lire per l’acquisto di 206 litri di Vermouth, quantitativo davvero notevole per l’epoca.

Esemplare è la testimonianza, attraverso racconti e aneddoti, che viene riportata da uno dei bartender più famosi in Italia, Mauro Lotti: “Negli anni ’50, a Firenze, a seguito della fine della Seconda guerra mondiale, i bar più importanti di Piazza della Repubblica, ospitando sempre la migliore clientela, avevano ripreso la loro attività. Mio padre lavorava al Gilli ed era uno dei barman più seguiti dalla clientela.

A quei tempi tutti bevevano il Negroni e lui lo preparava con il Martini Rosso. Ricordo che quando si accingeva a farlo, prendendo in mano il bicchiere, il tono delle voci dei clienti attorno al bar piano piano si abbassava, fino a raggiungere il silenzio totale al momento dell’ultimo gesto, quello di aggiungere uno schizzo di seltz che, come un piccolo uragano, rimescolava ghiaccio e liquidi senza utilizzare il cucchiaio“.

Questo gesto era percepito dalle persone presenti come un atto liberatorio, consapevoli di aver assistito al prodigio del Negroni del Lotti.

Le storie cambiano, ma non le ricette. Ancora oggi, nei principali bar di Firenze è possibile ordinare, senza ricevere sguardi interrogativi, “Un americano alla maniera del Conte Negroni“.